Che differenza c’è tra codice Data matrix e QR code?

Abbiamo spesso sentito parlare di codice datamatrix e codice a barre. Non tutti, però, conoscono la differenza. Il codice datamatrix è un codice a barre bidimensionale a matrice, composto da celle (o moduli) bianche e nere disposte all’interno di uno schema di forma rettangolare o quadrata.

 

Le informazioni che possono essere codificate sono dati testuali o dati grezzi. L’usuale dimensione dei dati va da pochi byte fino a 2 kilobytes. La quantità di dati codificati dipende dalla dimensione del simbolo usato.

Inoltre è previsto un sistema di correzione degli errori che aggiunge byte al messaggio codificato in modo da rendere leggibile anche un datamatrix parzialmente danneggiato. Un simbolo datamatrix può immagazzinare fino a 2.335 caratteri alfanumerici.

I datamatrix sono di forma rettangolare, ma spesso si trovano anche quadrati, e sono suddivisi in celle, ognuna delle quali rappresenta un bit. In base alla codifica usata, una cella di colore chiaro può rappresentare il bit 0 e una di colore scuro il bit 1 (o viceversa).

Comunemente il datamatrix viene utilizzato come codice per marcare piccoli oggetti, infatti esso può includere fino a 50 caratteri in una superficie di appena 2 o 3mm ed è sufficiente un contrasto del 20% per distinguere le sue celle (ovvero per distinguere le celle chiare da quelle scure) e quindi per leggere i bit che compongono l’informazione.

Questa tecnologia sta diventando sempre più comune tanto da essere utilizzata su supporti cartacei come lettere o buste. Il codice può essere letto rapidamente da uno scanner che permette al supporto di essere tracciato negli spostamenti, ad esempio nel caso di un pacco inoltrato al destinatario.

Ai fini dell’ingegneria industriale, i codici Data Matrix possono essere marcati direttamente sui componenti, assicurando così che ogni componente sia identificato dai dati del proprio Data Matrix. I codici possono essere marcati sui componenti con diversi metodi: all’interno dell’industria aerospaziale sono comunemente usate stampe a getto d’inchiostro, incisioni ad aghi, incisioni laser e procedure di incisione chimica (elettrolitica).

Il QR code, invece, è un codice a barre bidimensionale, ossia a matrice, composto da moduli neri disposti all’interno di uno schema bianco di forma quadrata. Viene impiegato per memorizzare informazioni generalmente destinate a essere lette tramite uno smartphone.

In un solo crittogramma possono essere contenuti fino a 7.089 caratteri numerici o 4.296 alfanumerici. Genericamente il formato matriciale è di 29×29 quadratini e contiene 48 alfanumerici.

Il nome “QR” è l’abbreviazione dell’inglese Quick Response (“risposta rapida”), in virtù del fatto che il codice fu sviluppato per permettere una rapida decodifica del suo contenuto.

Il codice QR fu sviluppato nel 1994 dalla compagnia giapponese Denso Wave, per tracciare i pezzi di automobili nelle fabbriche di Toyota. Vista la capacità del codice di contenere più dati di un codice a barre, fu in seguito utilizzato da diverse industrie per la gestione delle scorte. Nel corso degli anni 2000 alcune di queste funzioni furono progressivamente assolte dalle etichette RFID.